Il recentissimo art. 3, primo comma, D.L. n. 158/2012 (recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute) convertito in L. n. 189/2012 stabilisce che «l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile (risarcimento del danno: n.d.r.). Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo».

Sul punto, il 29 gennaio 2013 la IV sezione penale della Corte di cassazione (Dott. Blaiotta Relatore) ha ritenuto che tale norma abbia determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie.

Si è, infatti, affermato che la predetta modifica normativa esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica.

In applicazione del principio, è stata annullata con rinvio la condanna per omicidio colposo nei confronti di un medico chirurgo che, nell’esecuzione di un intervento di ernia discale recidivante, aveva leso vasi sanguigni con conseguente emorragia letale: ai fini dell’eventuale applicazione della norma sopravvenuta favorevole, ex art. 2 co. 2 c.p., è stato, infatti, chiesto al giudice di merito di riesaminare il caso per determinare (a) se esistano linee guida o pratiche mediche accreditate afferenti all’esecuzione dell’atto chirurgico in questione;
(b) se l’intervento eseguito si sia mosso entro i confini segnati da tali direttive e, nel caso affermativo, se nell’esecuzione dell’atto chirurgico vi sia stata colpa lieve o grave.

In definitiva, pare che il Legislatore abbia recepito l’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di linee guida. Così, secondo Cass., Sez. IV, 2/3/2011 n. 8254 – premesso che il rispetto delle linee guida (assunto, nel caso di specie, quale parametro di riferimento della legittimità della decisione di dimettere dall’ospedale il paziente e di valutazione della condotta del medico) nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia e alla responsabilità del medico nella cura del paziente – il medico non è automaticamente al riparo da qualsiasi responsabilità, se le linee guida addotte a giustificazione della decisione di dimettere il paziente dovessero rispondere solo a criteri di economicità di gestione e non anche alle effettive esigenze del paziente stesso (nella specie, il paziente, dimesso nove giorni dopo l’infarto, secondo linee guida che ne prevedono la dimissione non appena si raggiunga la stabilizzazione del quadro clinico, moriva la notte stessa per un nuovo attacco cardiaco).