L’obbligo di comunicazione è imposto alle strutture sanitarie o sociosanitarie (sia pubbliche che private) con la finalità di portare a conoscenza del professionista l’oggetto ed il quantum della domanda risarcitoria (giudiziale o stragiudiziale) formulata dal danneggiato o dai suoi eredi.

Tale disposizione, prevede nella prima parte della norma che le strutture sanitarie pubbliche o private o i loro assicuratori se presenti, comunichino all’esercente la professione sanitaria (mediante PEC o raccomandata A/R), l’instaurarsi del giudizio promosso nei loro confronti da parte del paziente danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo che deve essere allegato alla stessa comunicazione.
Nella seconda parte della norma si prevede che le stesse strutture sempre entro dieci giorni comunichino con le stesse modalità all’esercente, l’avvio delle trattative stragiudiziali con il danneggiato con l’invito a prendervi parte.

“l’omissione, o la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma, preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’art. 9”

Ponendo alcune riflessioni, emerge una criticità importante in questa norma. Innanzitutto il termine di dieci giorni è insostenibile in quanto nessun comitato di gestione sinistri in un tempo così breve è in grado di individuare quali siano tutti i professionisti effettivamente interessati dal procedimento attivato.
La Commissione Affari Sociali, incaricata di esaminare il Ddl Lorenzin ha approvato un emendamento all’Art. 13 della Legge Gelli/Bianco.
L’articolo intitolato “ Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità” concedeva dieci giorni di tempo. Questa scarsità di tempo poneva di fronte ad un bivio: o rinunciare alla rivalsa oppure mandare segnalazioni a tutti i professionisti potenzialmente coinvolti, in pratica interi reparti in attesa di poter capire i confini dell’evento ed i professionisti effettivamente coinvolti.
L’emendamento approvato dallo stesso Gelli, allunga di sei volte i termini prescritti portandoli a sessanta giorni.
Bisogna ricordare comunque che questo emendamento non modifica la possibile compresenza di comunicazioni inviate al professionista sanitario da parte sia della struttura che dall’assicurazione.
Rimane invariata la distinzione tra responsabilità amministrativa e rivalsa, entrambe (assicurazione e struttura) potrebbero essere interessate ad avviare la segnalazione per tutelare le azioni future nelle aree di rispettive competenze.
Per questi motivi in un tempo di cambiamento legislativo come questo si assiste sempre più spesso all’invio di decine di comunicazioni a fronte di ogni singolo evento avverso accaduto nella struttura.
Questa è una scelta condizionata da quanto disposto dall’ultima parte dell’art. 13 secondo cui: “l’omissione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’art.9.
Ne deriva che, al fine di non perdere ogni diritto di rivalsa o di azione amministrativa, le Direzioni delle strutture preferiscono eccedere nelle comunicazioni piuttosto che rischiare di ricadere in una responsabilità per colpa grave per non aver ottemperato a quanto indicato dalla norma.
Tutto quanto detto fino ad ora e tradotto dal “giuridichese”, significa che oggi, “grazie” a questa Legge, l’Ente deve recapitare formalmente agli esercenti le professioni sanitarie suoi dipendenti una comunicazione che li informa che nei confronti dell’Ente stesso (anche quando i medici stessi non sono stati chiamati in causa dal presunto danneggiato!) è stata avviata una richiesta o un’azione di risarcimento, chiamandoli per iniziativa del medesimo Ente a prender parte alle “trattative stragiudiziali con il danneggiato”.

Ma cosa vuol dire avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato?
Innanzitutto una vertenza è un conflitto tra due o più parti relativamente ad un certo bene o situazione ad esempio un recupero credito.
La distinzione stragiudiziale o giudiziale si riferisce al modo in cui il problema viene trattato e alla fase in cui la vertenza si trova.
La vertenza è stragiudiziale quando non è (ancora) stata portata davanti ad un giudice e cioè in tribunale per essere decisa dallo stesso, ma si trova in una fase di trattative in cui le persone coinvolte discutono tra loro al fine di trovare una soluzione, di solito assistite dai rispettivi legali, mediante un approccio di tipo negoziale.
Di solito le due fasi sono successive tra loro e rappresentano due tipi di rimedi ai problemi legali di gravità rispettivamente crescente. In sostanza, prima si tenta di risolvere un po’ più con le buone il problema, poi si passa al tribunale. Per lo più si inizia trattando la vertenza tramite un approccio negoziale, per poi passare alla fase stragiudiziale solo se nel primo modo non ci sono stati risultati apprezzabili. La comunicazione viene inviata non appena ricevuta la richiesta di risarcimento danni da parte dell’avvocato del paziente.
Concludendo uno dei risultati dell’applicazione dell’art 13 della Legge 24/2017 si concretizza in una valanga di comunicazioni inviate acriticamente dalle Aziende, per ogni singolo caso di presunta malpractice, ad una moltitudine di esercenti la professione sanitaria e personale di supporto, che alla fine, risulteranno estranei a qualsiasi ipotesi di colpa. Una valanga di comunicazioni quasi certamente incongrue che vanno ad intasare la giustizia in ambito sanitario.
In pratica, ogni volta che viene notificato un atto, le direzioni delle strutture sanitarie inviano comunicazioni nei confronti di tutti i professionisti che (direttamente o indirettamente) hanno avuto anche minimi “contatti” con il paziente presunto danneggiato partendo dal suo ingresso in Ospedale sino alla sua dimissione.
La riflessione sull’ art. 13 della Legge “Gelli” porta a pensare, che varrebbe la pena fosse presa in considerazione una sua riformulazione, questo, a garanzia sia dei professionisti, sia dei cittadini, sia delle strutture sanitarie, oltre che per non compromettere l’efficienza e l’efficacia di funzionamento della giustizia, e per non aumentare a dismisura i relativi costi che gravano, oltre che sui singoli malcapitati, anche sulle pubbliche finanze.

…e nel frattempo l’esercente le professioni sanitarie come si comporta?
La comunicazione è inevitabile, ma non è come abbiamo visto prerogativa di colpevolezza. L’esercente le professioni sanitarie ha l’obbligo di essere assicurato come previsto dall’art 10 della stessa Legge 24/2017.
Ricevuta comunicazione dovrà segnalare la stessa alla propria compagnia assicurativa, la quale consiglierà quali azioni o meno intraprendere.
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