LA SENTENZA
Colpa medica – Cass., Sez. IV, 2 gennaio 2018 (21 novembre 2017), Schintu
La Corte di cassazione ribadisce che in capo all’infermiere può essere riconosciuta una responsabilità di tipo omissiva riconducibile ad una specifica funzione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico. Tale posizione di garanzia si ravvisa nell’autonoma professionalità dell’infermiere quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio al fine di consentire, nel caso, l’intervento del medico.
[Tratto da archiviopenale.it]

 

IL COMMENTO
A cura dell’avv. Ernesto Macrì.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5/2018 torna a pronunciarsi sulla responsabilità dell’infermiere, in capo al quale può essere riconosciuta una responsabilità di tipo omissivo riconducibile ad una specifica funzione di garanzia nei confronti del paziente, del tutto autonoma rispetto a quella del medico.
Per i giudici di legittimità, tra le due figure, medico e infermiere, vi deve essere un rapporto di massima collaborazione.
L’infermiere, infatti, è tenuto a vigilare sul decorso post-operatorio, proprio per consentire se necessario l’intervento del medico. E, in ragione di ciò, l’infermiere oggi non deve essere considerato più “ausiliario del medico”, ma “professionista sanitario”.
Se il paziente peggiora e l’infermiere non avvisa in tempo il medico è colpevole di un “errore clamoroso” che è costato la vita al paziente.
È nell’autonoma professionalità dell’infermiere, quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, che il Supremo Collegio ravvisa la posizione di garanzia del personale infermieristico nei confronti del paziente.
Tale posizione si manifesta tanto nel corso di ben definite situazioni operative che derivano dalla routinaria attività di reparto, quanto durante un intervento medico-chirurgico.
Detto in altri e più chiari termini, il percorso argomentativo della Cassazione finisce con l’esaltare le competenze professionali della figura del personale infermieristico, che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del degente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico.
La sentenza in commento s’inscrive nell’oramai copioso materiale giurisprudenziale sulla responsabilità dell’infermiere, il cui ruolo di mero ausiliario rispetto a quello, apicale, del medico è stato fortemente ridimensionato, sì da dar vita ad una figura professionale tutt’altro che ancillare e servente l’attività medico-chirurgica.
In questo contesto, si è inserita la legge n. 24/2017 (cd. legge Gelli-Bianco) che affronta e disciplina, fra gli altri, anche il tema della responsabilità civile e penale dell’esercente la professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata, nonché degli obblighi di assicurazione.
La responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, al centro di così profonde modifiche, trova nel momento assicurativo un fondamentale aspetto da non dover trascurare.
In via del tutto generale, l’assicurazione sulla responsabilità tutela l’operatore sanitario per il periodo in cui è coperto dalla polizza, ma sempre più spesso si assiste alla predisposizione di soluzioni assicurative, con franchigie molto elevate, ovvero facendo ricorso a tutta una serie di clausole tese a circoscrivere la copertura.
Proprio alla luce di ciò, l’analisi della disciplina sul tema dell’assicurazione obbligatoria per infermieri comporta anche una particolare attenzione da rivolgere ai singoli contratti assicurativi stipulati di volta in volta.