A cura di Raffaella Martini

ART. 15.

(Nomina dei consulenti tecnici d’ufficio, dei consulenti tecnici di parte e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria).

1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria implicanti la valutazione di problemi tecnici complessi, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti nominati non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi.

Negli albi dei consulenti di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e dei periti di cui all’articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina. In sede di revisione degli albi è indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, l’esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al numero degli incarichi conferiti e di quelli revocati. 3. Gli albi dei consulenti di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all’articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche dell’area sanitaria, tra i quali scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

ART. 8. (Tentativo obbligatorio di conciliazione).

Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente. 2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. In tali casi non trova applicazione l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento. 3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile. 4. La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, e per tutta la durata del procedimento. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.

COMMENTO
Siamo giunti con fatica e trepidante attesa, ad un punto di partenza importante per la professione infermieristica; punto di partenza e non traguardo, perché la professione ha molta strada da percorrere e non si deve adagiare, ma essere in continua evoluzione.
Esaminando gli articoli del testo unificato ddl Gelli in materia di responsabilità professionale, ci soffermiamo a porre alcune riflessioni dopo la lettura dell’art. 15.
Nonostante la professione si avvalga di una specializzazione recente ma ormai conosciuta e consolidata, che riguarda l’infermieristica forense, ancora non viene chiamata con il “giusto nome”.
“l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza”.
In questo articolo come anche nell’art 8, si parla di CTU, ovvero consulenza tecnica d’ufficio, si descrive bene la professionalità del “medico specializzato in medicina legale”, ma ancora non si utilizza “Infermiere Forense specializzato nella valutazione di ogni aspetto giuridico e giurisprudenziale che riguarda l’assistenza infermieristica”, ma più genericamente uno “specialista nella disciplina”.
In tutto il disegno di legge non è mai presente il termine Infermiere ma “esercenti le professioni sanitarie” e nel nostro ordinamento può voler dire molto, forse dovremmo porre delle riflessioni e avere maggiore consapevolezza di ciò che significa questa terminologia.
“Il medico e l’Infermiere sono posti sullo stesso livello di responsabilità”, come sottolinea Federico Gelli.

Ma gli Infermieri ne hanno consapevolezza?
Le tante competenze acquisite e specializzazioni, portano gli Infermieri ad agire in autonomia e responsabilità.
Alcune specializzazioni risultano ancora poco conosciute come l’Infermieristica forense.
Parlare di infermieristica legale significa orientarsi in un quadro teorico complesso e non sempre chiaro, che trae prevalentemente la sua chiave di lettura dalla bibliografia anglosassone.
In particolare la I.A.F.N. ( International Association of Forensic Nurses) definisce in questo modo la nuova disciplina: “l’infermieristica forense consiste nell’applicazione delle scienze infermieristiche alle procedure pubbliche o giudiziarie, si occupa inoltre degli aspetti giuridici dell’attività sanitaria, uniti alla preparazione bio – psico – sociale dell’infermiere e li affida all’indagine scientifica ed al trattamento dei traumi (o della morte) di vittime (o degli autori) di abusi, violenze, attività criminali ed incidenti”.
Spesso le novità producono atteggiamenti di titubanza o addirittura di difesa o rifiuto, perché si pensa che l’innovazione possa comportare un ulteriore carico di lavoro e di responsabilità.
In realtà l’infermieristica legale appare oggi come un’occasione per valorizzare la professione ed i suoi caratteri di autonomia, responsabilità e competenza; senza dimenticare che la disponibilità di figure sempre più specializzate procede nell’interesse sia dei professionisti che degli utenti stessi.
Il CTU Infermiere Forense è uno specialista che porta contributo non “delegabile” ad altre professioni.
Ma per valorizzare la professione, sentirci parte attiva del sistema ed essere chiamati con il ”giusto nome”, dobbiamo per primi riconoscerci Professionisti Sanitari Specializzati.
E’ un punto di partenza, non un traguardo, con motivazione ed orgoglio, lavoriamo per una crescita consapevole dell’identità propria e peculiare della professione Infermieristica, in ogni istante del quotidiano, sempre vicini alla collettività.