In questo storico momento, dettato dai ritmi pandemici dell’emergenza, che ha coinvolto gli esercenti le professioni sanitarie, è necessario tener presente l’instaurarsi di uno scenario totalmente nuovo e nettamente diverso da quello in cui eravamo abituati a vivere, riguardo alla terapia farmacologia, preparazione, diluizione e somministrazione.

L’emergenza Covid, ha imposto agli esercenti la professione sanitaria infermieristica, una metodologia di lavoro denominata “in binario”, soprattutto in quelle strutture trasformate in terapia sub intensiva, ma con limiti legati al reparto di origine (ad es. ex corsia) logisticamente non adatte ma adattate all’emergenza.  Nel lavoro in binario l’equipe è composta da due professionisti che si alternano nell’esercizio di due ruoli ben distinti, in “area arancione” ed in “area rossa” nel rispetto dei percorsi imposti dall’organizzazione sulla gestione del paziente Covid.

Questo tipo di organizzazione comporta la preparazione della terapia farmacologica /diluizione ecc da parte dell’Infermiere “pulito” comprensiva anche di firma dell’avvenuta somministrazione e la somministrazione vera e propria da parte dell’infermiere “sporco” in vestizione in “area rossa” a diretto contatto con il paziente Covid.

L’uomo è di per sé un generatore di errori, l’importante è la comprensione e la consapevolezza che la responsabilità sul rischio clinico è comune ad ogni operatore e che riconoscere l’errore è fondamentale al fine di evitarne la trasformazione in un danno.

La gestione del rischio va fatta da tutti gli operatori.

Gli errori più comuni sono nell’allestimento e nella preparazione della terapia di un farmaco prima della somministrazione (es.: diluizione non corretta, mescolanza di farmaci incompatibili). E’ comprensibile come la preparazione e la somministrazione in una situazione di normalità debba essere fatta da un unico operatore al fine di minimizzare la possibilità di errori così anche come la spunta dell’avvenuta somministrazione. Nella situazione di lavoro “in binario” invece vi deve essere molta più attenzione e controllo reciproco, oltre alla fiducia. Ma la fiducia sul fronte della responsabilità penale non basta.

All’interno del processo di terapia viene richiesto all’infermiere un ruolo di vero e proprio feed-back, in una collocazione collaborativa col medico, ma al contempo antitetica qualora subentri la necessità di tutela nei confronti dell’assistito.

Il DM 739/94 art 3 recita:

“L’infermiere garantisce la corretta applicazione delle procedure terapeutiche”.

La somministrazione del farmaco è concepito come un atto non meccanicistico, ma collaborativo tra il personale medico e l’infermiere che, anche se non può intervenire sulle scelte terapeutiche del medico, deve in ogni caso richiamare l’attenzione su errori che sia in grado di notare e deve illustrare i suoi eventuali dubbi sulla congruità o la pertinenza della terapia.

Nell’attività d’equipe si pone particolare attenzione sulle controverse questioni relative all’estensibilità del dovere di diligenza del singolo sanitario al controllo e alla vigilanza dell’operato altrui.

Consapevoli del rischio correlato al lavoro “in binario” si invitano i professionisti ad una ancor maggiore attenzione in questo specifico ambito di lavoro in equipe stimolando maggiormente la comunicazione ed il controllo reciproco nella fase delicata della preparazione e somministrazione del farmaco. Gli esercenti la professione sanitaria devono ritrovare nella propria responsabilità professionale la sorgente delle linee guida: i postulati di correttezza dell’agire sono scolpiti nella regola delle 7G (correttezza di farmaco, dose, paziente, via e ora di somministrazione, registrazione, controllo). Entrambi i professionisti devono comunicare reciprocamente e con chiarezza i punti ritrovati nella regola e procedere in questo modo nelle varie fasi di conservazione dei farmaci, allestimento, preparazione, distribuzione, somministrazione, assunzione della terapia e il successivo monitoraggio.

Questa esperienza, vista con occhio ottimistico e pro attivo, deve poter creare valore aggiunto alla crescita professionale degli esercenti, aggiungendo importanza e consapevolezza ad una buona comunicazione, che sia efficiente ed efficace in ogni ambito e livello. In tale dimensione collaborativa e comunicativa ogni ragionevole dubbio dettato da fatti non preventivati o considerazioni professionali, è da ricondurre al rispetto della prudenza.

 

Infermiera Forense

Raffaella Martini